Diamo per scontato che quella dell’artista sia la figura identificativa della peculiarità che ha fatto distinguere il genere umano dalle altre specie animali. Ricordiamo che la specializzazione del mestiere di artista, rispetto all’innovatore o lo scienziato è fatto recente; il pavimento del Corso della Storia è lastricato di ScienziatiArtisti ed ArtistiScienziati. Consideriamo pure che la sensibilità verso gli agenti artistici sia presente in una larga parte della comunità umana, della quale una quota ha ricevuto in dono le doti che permettono di generare, creare, mettere in forma concreta delle emozioni, mentre il resto del gruppo, essendone privo, si accontenta e limita a poterne fruire. Ecco descritta una comunità che può essere semplificata descrivendone due attori: l’Artista Produttore e l’Artista Fruitore.
Il Web è il luogo contemporaneo cui si attribuisce e delega la competenza di migliorare la qualità della vita degli umani, grazie alle sue funzioni aggregative e comunicazionali.
Bene. Ma uno dei segmenti (strati?) dei bisogni umani, quello legato alla cultura ed in particolare alla diffusione dell’Arte, dove pare aver parecchio fallito i suoi potenziali obiettivi. In epoca di potenziale ipervisibilità individuale, Il Web finora ha premiato (talvolta inventato) alcune specifiche forme artistiche proprietarie, mentre ha sterilizzato le possibilità di tutte quelle che hanno bisogno di materialità perché l’Artista Fruitore ne possa ricevere le emozioni che cerca. Qualcuno afferma che la spinta evolutiva naturale comporti giustamente che anche certe forme culturali ed artistiche mutino, ed altre – non più moderne – scompaiano. Ottimo. Questo significa che alcuni strati della pratica artistica (pittura, scultura, alcune specialità musicali, letterarie, teatrali) siano destinate all’annientamento sostanziale nel giro di poco tempo.
Casualmente quel destino è supportato anche dalle scelte derivanti da certe alcune dottrine filosofiche ed economiche ritengono che l’Arte e la Cultura “non producano reddito”, “non facciano economia”: così venuti a mancare gli spazi storicamente messi a disposizione delle comunità da parte della Cosa Pubblica, quelle specialità artistiche sono andati quasi del tutto scomparire dalla fruizione per prossimità. Permangono r si riproducono le manifestazioni capaci di raggiungere grandi masse di consenso o fatturato, mentre resistono occasionali situazioni ove la promozione sia a carico di moderni mecenati e colti appassionati. Ma a noi interessa quella parte della società (comunità?) della quale indagini demoscopiche indicano chiaramente come la quantità degli eventi artistici a disposizione siano diminuiti, negli ultimi venti anni, al quasi-nulla. Perché se era vero il presupposto iniziale, ciò implica che una quota rilevantissima degli Artisti sia deprivata della possibilità di espletare le proprie funzioni. E si vuole anche ricordare che così tende automaticamente a scomparire anche quella costruzione di cultura diffusa e di massa, formata dal popolo di coloro che, produttori o fruitori che fossero, generava quei movimenti che hanno permesso, nei secoli, la propulsione di idee ed esperienze che hanno consentito la formazione e l’emersione di quei “campioni” che oggi popolano musei e testi di storia dell’arte.
Se quella comunità ancora esiste, ha la possibilità di chiedersi se accetti di scomparire; oppure se provare a frenare, se non invertire, quel moto deprimente. Ecco il Mecenatismo 3.0, ossia l’Arte Resiliente: una organizzazione che si raggruppa, conta, agisce autonomamente per salvare il Soldato Artie. Perché se un Artista Fruitore salverà un Artista Produttore, quest’ultimo sarà ricordato; ma lo sarà anche il primo.
Obiettivo del progetto è allestire un sistema autosufficiente per diffondere la conoscenza (come mezzo irrinunciabile per poter raggiungere obiettivi premianti) e promuovere l’esperienza artistica. Lo strumento sarà un portale Web – di categoria “social with steroids” – che può essere immaginato come una costruzione a più livelli e con diverse stanze. Conterrà un repertorio degli Artisti viventi e non, ma soprattutto quello di tutti i locali pubblici e privati interessati o disponibili ad ospitare esperienze artistiche: non solo musei e gallerie, ma in particolare bar, pub, ristoranti, aziende, case private – gratuitamente o a pagamento – in modo da costruire una mappa che permetta a ciascun Artista Produttore o Fruitore di stabilire un contatto di prossimità con un luogo d’incontro reciproco.
Sarà presente una sezione divulgativa e di discussione di fondamentali importanza nell’ottica della propulsione decisa di un modello di resilienza duraturo nel tempo: un’area enciclopedica (sviluppata in collaborazione con Wikipedia) ed una di dialogo saranno aperte a chiunque. L’assoluta assenza di censura – la figura storica del critico d’arte non risulta più necessaria – permetterà a chiunque di esprimersi, avendo solo i membri della comunità come interlocutori. In quel modo si perderà quel filtro che ha impedito alla maggior parte degli “artisti dimenticati” di godere della visibilità e dei meriti che hanno avuto, solo per l’essere esistiti ed aver agito.
Il sostentamento della piattaforma sarà garantito dalle conseguenze del raggiungimento della massa critica d’utenti potenziale, che permetterà di promuovere e gestire/co-gestire eventi, anche direttamente. Fra i tanti esempi di opportunità da mettere a punto: una casa di produzione, un marchio per la qualità delle promozioni di eventi artistici, un circuito di locali dove promuovere eventi seriali.